Andropausa

Maschi attenzione, dopo i 50 anni l’andropausa è in agguato, ma a differenza della menopausa femminile, non corrisponde all’incapacità di procreare…
In realtà l’andropausa è caratterizzata da un insieme di piccoli e grandi disturbi che si manifestano in maniera subdola e silenziosa: maggiore affaticamento muscolare, variazione al ribasso dell’attività sessuale e della libido con l’erezione che viene raggiunta più tardivamente e la detumescenza, dopo l’orgasmo, più rapidamente, deficit erettile in altri casi; insicurezza e senso di inadeguatezza fino alla depressione, ripresa più lenta da malattie ed eventi stressanti. Dunque, nella realtà, l’andropausa non è da considerare un “climaterio” in senso stretto come quello femminile mapuò essere etichettata come un insieme di sintomi che interessano tutto l’organismo, ad iniziare dalla difficoltà di concentrazione, anemia all’ affaticamento ed è dipendente, quasi sempre, da una diminuita produzione di testosterone (RevPrat. 2011 Nov;61(9):1279-82).

Questo ormone, i cui valori sono considerati normali sopra 3,2 ng/ml, dopo i cinquanta diminuiscono dell’1%, ogni anno, con il risultato che la sua diminuzione interessa circa il 7% degli uomini fra i 50 e 60 anni. Tale percentuale sale al 20% nei soggetti tra i 60 e gli 80 anni e al 35% in quelli di età superiore agli 80 anni.Questo calo di androgeni è conosciuto tecnicamente con il nome di Late OnsetHypogonadism (LOH) cioè di ipogonadismo ad insorgenza tardiva. Esistono però fattori che possono influenzare negativamentei livelli dell’ ormone, primo fra tutti il fumo di sigaretta, per cui l’insorgenza dell’ipogonadismo può essere anche più precoce. A diminuire però l’età di insorgenza dei disturbi troviamoaltri fattori di rischio come l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, , l’eccessivo consumo di alcool, la dieta inadeguata, la mancanza di esercizio fisico e naturalmente il diabete. Ma proprio per questi ultimi ci sono delle importanti novità: l’aggiunta di testosterone è risultata salutare per un migliore metabolismo e un aumenta della sopravvivenza. Somministrando infatti testosterone al campione di soggetti diabetici carenti dell’ormone si è visto in studi recenti che la capacità dell’ insulina di fare entrare zuccheri nelle cellule aumenta in media del 25%, mentre le citochine diminuiscono del 20%, riducendo così gli stati pro-infiammatori, diminuendo la massa grassa in favore di quella magra(J Asthma. 2009 Sep;46(7):703-7).
Inoltre a uno degli ultimi congressi della British Society for Endocrinology di Birmingham, da uno studio inglese era emerso che, correggendo i bassi valori di testosterone nei diabetici, questi vivono più a lungo, rispetto ai diabetici in cui non viene corretta la carenza dell’ ormone. E un ruolo importante spetta anche alla attività fisica: una camminata di mezza ora al giorno abbassa il colesterolo, trigliceridi e riduce l’ osteoporosi che, contrariamente a quanto si riteneva, non è un problema solo femminile . I dati derivanti da studi i su popolazioni nord europee indicano che oltre i 50-60 anni più di un uomo su sei si ammala di osteoporosi, con un’incidenza pari a circa la metà di quella delle donne e sempre a causa di carenza del testosterone. Ma queste cifreaumentano significativamente se si considerano tutti i casi di osteoporosi maschile derivanti da terapie cortisoniche o più frequentemente con antiandrogeni, a cui l’uomo spesso è sottoposto dopo diagnosi di tumore prostatico e che sono spesso ignorate.

Dunque testosterone a tutti e sempre? Certamente sì, quando sia accertata una reale carenza: la terapia sostituiva è in grado di invertire tutti quei sintomi, che purtroppo, molto spesso vengono confusi con l’invecchiamento. Particolare attenzione però ai casi di sospetto tumore prostatico (PSA elevato) o a coloro in cui la malattia sia stata già diagnosticata.